Venezia Arti

Call for Paper per il fascicolo / Call for paper for the issue
Vol. - Num.

Data di apertura / Opening date:23/12/2025
Data di chiusura / Closing date:01/02/2026

[For English see below]

 

Thematic call: Anacronismi. Persistenze, citazioni, reazioni

e sezione ALIA ITINERA (miscellanea)

Nell’arte medievale gli anacronismi si intercettano in molteplici contesti e a vari livelli, dettati ora da scelte consapevoli ora da meccanismi spontanei. Il reiterare di formule espressive tradizionali e l’impermeabilità a processi evolutivi in atto possono essere dovuti a fenomeni di ritardo, generati dalla distanza – geografica o culturale – dai centri di innovazione creativa, non sempre coincidenti con gli agglomerati urbani (Enrico Castelnuovo, Carlo Ginzburg, Centro e periferia, in “Storia dell’arte italiana”, I, a cura di G. Previtali, Torino, 1979, pp. 285-352). Altre volte, invece, l’arte di una stagione passata viene scientemente riproposta, perché associata al mito, alle origini o all’apogeo di una civiltà, la propria o quella che si vuole emulare: si pensi a quanto spesso, nel corso dei secoli, sono stati imitati modelli classici o paleocristiani. La circostanza ricorre sia nell’ambito della memoria materiale, attraverso gli spolia (Lucilla De Lachenal, Spolia: uso e reimpiego dell’antico dal III al XIV secolo, Milano, Longanesi, 1995) sia nelle forme, con le innumerevoli rinascenze (“teodosiana”, “carolingia”, “macedone”, ecc.), sia nell’iconografia, come accade - per citare un esempio assai originale - in una chiesa asturiana del IX secolo, San Miguel de Lillo, dove uno dei due stipiti in pietra della porta di ingresso riproduce, a rilievo, la valva di un dittico consolare in avorio del V secolo. Ma nel Medio Evo troviamo anche casi di evocazione del presente in rappresentazioni di un’epoca remota, come avviene, al principio del XIV secolo, nella scena della Cacciata di Gioacchino dal Tempio del ciclo della Cappella degli Scrovegni, certamente all’avanguardia per quanto attiene alle novità espressive introdotte da Giotto, ma anacronistica nell’uso - mediato dalla lezione bizantina - di un arredo liturgico trecentesco, con tanto di ciborio e ambone, a evocazione di una sinagoga.   

Per quanto riguarda l’epoca moderna, ‌nell’ormai classico saggio di Sergio Bettini, Venezia nascita di una città (Milano, Electa, 1978), una delle componenti implicite dell'analisi dello studioso è senza dubbio quella dell'anacronismo, che in Venezia si riverbera nei termini di persistenza e di ritorno a formule composite paragonabili a un multilinguismo culturale ben al di là di una idea di intenzione preordinata. Edifici esemplari che spaziano dall'edilizia privata a quella pubblica concorrono alla definizione di un paesaggio autentico ancorché di per sé stesso composto di linguaggi, di reimpieghi ‘anacronistici’ per origini, per materiali utilizzati, reso organico tuttavia in una unità di senso divenuta identitaria. Simili dinamiche soggiacciono alla cultura visiva e figurativa in epoca moderna, caratterizzata così com’è stata da persistenze, ritorni, resistenze che concorrono a una pluralità di scenari disomogenei ormai comprensibili in quanto storicizzati. Quando Lorenzo Lotto, al cospetto degli astri emergenti di Tintoretto e di Tiziano, avverte il superamento della propria arte, si reca altrove, paradossalmente attivando a sua volta un processo di rinnovamento figurativo altrimenti attardato. Il mondo moderno è di per sé stesso anacronistico e difficilmente riconducibile a un percorso lineare. La lungimiranza filosofica di Giordano Bruno fu anacronistica rispetto al suo tempo. Come un fiume carsico, aspetti e tematiche latenti emergono nel tempo, frangendosi contro isole di resistenza, di permanenza, di urgenza di rinnovo attraverso processi di risemantizzazione comprensibili o di fatto equivoci. In questo senso la cultura del periodo ‘early modern’ è come diffratta lungo un ideale modello temporale rettilineo. 

Nel corso del XX secolo, il periodo d’oro dell’anacronismo si può collocare tra anni Settanta e Ottanta, in piena temperie post-moderna. Nell’inaugurare la prima edizione di Aperto alla Biennale di Venezia del 1980, Harald Szeemann sentenziò: “È passata la linea ufficiale degli anni Settanta. Nel 1980 io sono per la mescolanza. Lo ero già prima”. È proprio la Biennale a decretare, con una serie di mostre manifesto, questa nuova stagione: nel 1982, con la mostra  Arte come arte: Persistenza dell’opera; nel 1984, con la rassegna Arte allo specchio a cura di Maurizio Calvesi, vera e propria messa in pratica della “nuova pittura” citazionista, poi portata avanti, tra gli altri, da Italo Mussa con la pittura colta (1983) e Italo Tomassoni con l’ipermanierismo (1985),  Una narrazione del tempo, quindi, da intendersi non come crisi della storia (dell’arte), ma come approccio al passato come palinsesto, non lineare e progressivo, quanto ciclico e spiroidale, che torna e si ritorce sempre su stessa, senza tuttavia mai ripetersi. Si tratta di una sensibilità riscontrabile anche oltreoceano, dove un maestro del citazionismo colto, pop e raffinato al tempo stesso, come Roy Lichtenstein, disegnò la copertina del catalogo della mostra Art about Art (Whitney Museum of American Art, 1978). 

Il prossimo numero di “Venezia Arti” si propone così di indagare il revival, il flash-back e il déjà-vu come pratiche sia artistiche sia di indagine storico-artistica ormai consolidata da, almeno, gli anni Settanta fino ai giorni nostri (Il revival, a cura di Carlo Giulio Argan, Milano, 1974; Romy Golan, Flashback, Eclipse. The Political Imaginary of Italian Art in the 1960s, New York, 2021). Il tutto, all’insegna di una commistione di generi, stili ed epoche che, per tornare alla Venezia del 1980, trova una prima coerente incarnazione nella Prima Mostra Internazionale di Architettura, intitolata La Presenza del passato, dove si impose Strada Novissima, un’infilata di facciate di architetture – citate, rivisitate, immaginate – di diverse epoche, che inaugurò l’utilizzo dell’Arsenale (andandosi così ad aggiungere ai padiglioni ai Giardini, lascito del nazionalismo otto- e novecentesco) come sedi della più longeva rassegna internazionale di arte contemporanea, a dimostrazione del grande potenziale degli anacronismi in ambito storico-artistico, architettonico, critico, espositivo e curatoriale. 

 

Come è ormai consuetudine, anche il numero del 2026 accoglierà alcuni contributi che potranno esulare dal tema monografico, nella specifica sezione Alia itinera.

 

CALL FOR ABSTRACTS:

Potranno essere prese in considerazione solo proposte provenienti da studiose/i in possesso del titolo di Dottorato/PhD.

Proposte di ca. 2000 caratteri (spazi inclusi), nella lingua dell’articolo, con proposta di titolo

 

SCADENZE CONSEGNA ABSTRACT: 

Consegna entro il 1 febbraio 2026

Comunicazione degli abstract accettati: 22 febbraio 2026



CALL FOR SELECTED PAPERS:

Il saggio dovrà essere redatto secondo le norme editoriali della rivista.

Lunghezza ammissibile: fino a 40.000 battute (compresi spazi, note, bibliografia, didascalie).

 

Il saggio dovrà comprendere, inoltre:

-un abstract in inglese di ca. 1000 caratteri spazi inclusi;

-5 parole chiave in inglese;

-una bibliografia finale, completa, redatta in ordine alfabetico in base alle norme redazionali di Edizioni Ca’ Foscari

-didascalie delle immagini con indicazione dei crediti fotografici.

 

Illustrazioni: max 10 in formato Jpeg, risoluzione 300 dpi, con specificazione (manleva) dei crediti già assolti

Lingue ammesse: italiano, inglese, francese.

  

PER ULTERIORI INFORMAZIONI

Preghiamo di scrivere a venezia.arti@unive.it.



 

Thematic call: Anachronisms. Persistence, citations, reactions

and ALIA ITINERA miscellaneous section

 In medieval art, anachronisms can be identified in a wide range of contexts and on multiple levels, sometimes arising from deliberate choices and at other times from spontaneous mechanisms. The reiteration of traditional expressive formulas and resistance to ongoing processes of evolution may result from phenomena of delay, generated by geographical or cultural distance from centers of creative innovation—centers that did not necessarily coincide with urban hubs (Enrico Castelnuovo, Carlo Ginzburg, “Centro e periferia”, in Storia dell’arte italiana, I, edited by G. Previtali, Turin, 1979, pp. 285–352). In other cases, the art of a past era is consciously revived, because it is associated with myth, origins, or the apex of a civilization—one’s own or one that one seeks to emulate. This is evident in the frequent imitation, throughout the centuries, of classical or Early Christian models. Such dynamics emerge both in the realm of material memory, through spolia (Lucilla De Lachenal, Spolia: uso e reimpiego dell’antico dal III al XIV secolo, Milan, Longanesi, 1995), and in formal language, through the numerous “Renaissances” (Theodosian, Carolingian, Macedonian, etc.), as well as in iconography. A striking example can be found in the ninth-century Asturian church of San Miguel de Lillo, where one of the stone jambs of the entrance portal reproduces in relief the leaf of a fifth-century ivory consular diptych. At the same time, the Middle Ages also offer instances in which the present is evoked within representations of a remote past. This occurs, for example, at the beginning of the 14th century in the scene of the Expulsion of Joachim from the Temple in the Scrovegni Chapel cycle: while unquestionably avant-garde in the expressive innovations introduced by Giotto, the scene is anachronistic in its use—mediated through Byzantine models—of contemporary Trecento liturgical furnishings, complete with ciborium and ambo, to evoke a synagogue.

As far as it concerns the Early modern, in the now-classic essay by Sergio Bettini, Venezia nascita di una città (Milan Electa, 1978), one of the implicit components of the scholar’s analysis is undoubtedly that of anachronism. In Venice, this concept resonates in terms of persistence and return to composite formulas, comparable to a form of cultural multilingualism that extends far beyond any notion of premeditated intent. Exemplary buildings, ranging from private to public architecture, contribute to the definition of an authentic urban landscape which—although composed of multiple languages and “anachronistic” reuses in terms of origins and materials—achieves an organic unity of meaning that has become deeply identitarian. Similar dynamics underlie early modern visual and figurative culture, characterized as it is by persistence, returns, and resistances that give rise to a multitude of heterogeneous scenarios, now intelligible precisely because they have been historicized. When Lorenzo Lotto, confronted with the rising stars of Tintoretto and Titian, perceived the obsolescence of his own art, he moved elsewhere—paradoxically triggering a process of figurative renewal that might otherwise have been delayed. The modern world is itself intrinsically anachronistic and resistant to linear interpretation. Giordano Bruno’s philosophical foresight was anachronistic with respect to his own time. Like a karst river, latent themes and issues resurface across history, breaking against islands of resistance, permanence, or urgent renewal through processes of re-semantization that may be either legible or fundamentally ambiguous. In this sense, early modern culture appears diffracted along an ideal rectilinear temporal model.

During the twentieth century, the golden age of anachronism can be situated between the 1970s and 1980s, at the height of the postmodern moment. When opening the first edition of Aperto at the Venice Biennale in 1980, Harald Szeemann declared: “The official line of the Seventies has passed. In 1980 I am in favour of mixing. I was so before.” It was indeed the Venice Biennale that inaugurated a new series of eloquent exhibitions: in 1982, with Art as Art: The Persistence of the Artwork; in 1984, with Art in the Mirror, curated by Maurizio Calvesi, a true manifesto of the citation-based “New painting” movement, subsequently pursued by Italo Mussa with Pittura Colta (1983) and Italo Tomassoni with Ipermanierismo (1985). In such cases, the narrative of time is therefore not to be understood as a crisis of (art) history, but rather as an approach to the past conceived as a palimpsest—not linear and progressive, but cyclical and spiroid, constantly returning and folding back upon itself, without ever fully repeating. Such sensibility is evident across the Atlantic, where a master of erudite yet pop citationism such as Roy Lichtenstein designed the cover of the exhibition catalogue Art about Art (Whitney Museum of American Art, 1978). 

The 2026 issue of Venezia Arti thus aims to investigate revival, flashback, and déjà vu as practices in both artistic and art-historical terms, consolidated since the 1970s and continuing to the present day (Il revival, edited by Carlo Giulio Argan, Milan, 1974; Romy Golan, Flashback, Eclipse. The Political Imaginary of Italian Art in the 1960s, New York, 2021). All of this unfolds under the banner of a deliberate mixing of genres, styles, and epochs which—returning to Venice in 1980—found its first coherent embodiment in the First International Architecture Exhibition, entitled The Presence of the Past. Here, Strada Novissima emerged as a sequence of architectural façades—quoted, reinterpreted, imagined—from different historical periods. The exhibition inaugurated the use of the Arsenal (thus complementing the Giardini pavilions, a legacy of 19th and- and 20th century nationalism) as a venue for the world’s longest-running international exhibition of contemporary art. This circumstance stands as a powerful demonstration of the potential of anachronisms within art-historical, architectural, critical, exhibitionary, and curatorial discourse.

As is customary, the issue will also welcome contributions that fall outside the monographic theme, to be published in the section Alia itinera.



CALL FOR ABSTRACTS:

Abstract of approx. 2000 characters (including spaces), in the language of the article, with a title proposal.

Only proposals from scholars holding a Ph.D  may be considered. 

 

ABSTRACT DEADLINES: 

Abstract deadline:  1 February 2026

Notification of accepted abstracts: 22 February 2026

 

CALL FOR SELECTED PAPERS:

-The essay must be written according to the editorial standards of the journal

-Admissible length: max. 40,000 characters (including spaces, footnotes, abstract, captions, bibliography).

 

The essay must also include

-an abstract in English of approx. 1000 characters including spaces;

-5 keywords in English;

-a final, complete bibliography, written in alphabetical order according to Edizioni Ca’ Foscari editorial standards

-image captions including photo credits.

 

Illustrations: max 10 images,  in Jpeg format, 300 dpi resolution, with specification of credits already paid or authorised.

 

Languages allowed: Italian, English, French.

 

DEADLINES FOR DELIVERY OF ARTICLES

Deadline for the final version: 28 June 2026;

Publication of the issue December 2026. 

 

FOR FURTHER INFORMATION

Please contact venezia.arti@unive.it.

 

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Proposta di pubblicazione / Paper proposal